L'ombelico di Antigone
Tra un mese e mezzo ci saranno i referendum per l'abrogazione di alcuni articoli della Legge 40 sulla Procreazione medicalmente assistita. Molto si è detto e molto si è scritto di questa legge: dei suoi difetti, sempre eccessivamente stigmatizzati, e dei suoi pregi - in primis il riconoscimento che l'embrione, così minuscolo e debole, è soggetto titolare di diritti in quanto essere umano come noi - mai a sufficienza ricordati. Quello che vogliamo provare a fare ora, però, è cercare di capire quale idea del mondo e dell'uomo soggiaccia dietro i termini tecnici e il linguaggio giuridico dei quesiti referendari.
Questa idea la possiamo riassumere con le parole della proposizione LVI condannata nel Sillabo del Beato Pio IX: "Le leggi e i costumi non abbisognano di sanzione divina, e nemmeno bisogna che le leggi umane si conformino al diritto di natura, e ricevano da Dio la forza obbligatoria." E' infatti dalla negazione di questo "diritto di natura" che prendono le mosse tutte le alchimie sessuali, morali e sociali che vediamo fermentare nella nostra vita; è dall'inesorabile applicarsi della volontà di potenza dello spirito del mondo - che, per colmo di ironia, si autodefinisce "debole" - che viene la negazione radicale della possibilità stessa dell'esistenza di questa legge" scritta nei nostri cuori, e a cui si richiamava lo stesso Cicerone.
Questo stesso dissidio, questa stessa frattura tra una morale non scritta dall'uomo ma impressa nel suo cuore, e un'etica solo umana, la ritroviamo anche in una delle più conosciute tragedie greche: l'Antigone di Sofocle, vissuto nel V secolo a.C. La vicenda, in breve, è questa: Eteocle, figlio di Edipo, esilia il fratello Polinice per avere il dominio sulla città di Tebe. In una cruenta battaglia sotto le mura della città entrambi i fratelli muoiono e il nuovo re della città, Creonte, ordina che il cadavere di Polinice resti insepolto, cibo per cani e corvi. A questo punto si inserisce Antigone, figlia anch'essa di Edipo, e sorella dei due. Obbedendo alla legge divina che impone la sepoltura dei cadaveri, Antigone viola gli ordini del re e compie i riti di sepoltura per il fratello Polinice. Catturata, viene condannata a morte.
Se riportiamo questa storia, non è solo per il suo valore di testimonianza; è perchè Antigone ci è simpatica. E la sua presenza, leggendo i quesiti del referendum, si impone alla mente. Antigone, infatti, è nata da una relazione incestuosa tra Edipo - il suo padre-fratello - e la madre di entrambi, Giocasta. Ed è proprio lei - nata dalla negazione radicale delle "leggi non scritte e indistruttibili" - che si fa loro paladina. Ed è proprio a lei che pensiamo leggendo il quesito che chiede l'abolizione del divieto della fecondazione eterologa. A lei ma, sopratutto, alle altre Antigoni che - se il referendum passerà - popoleranno le tragedie del nostro futuro.
Perchè, in fondo, per l'Antigone del mito una piccola consolazione esiste: ai suoi tempi non c'erano equipe di studiosi pronti a costruire un"utero" artificiale dove fare crescere e sviluppare i feti, soli e senza nessun legame con la madre; senza il cordone ombelicale a far passare nutrimento, sensazioni ed emozioni.
Almeno, l'Antigone del mito - al contrario delle sue sorelle future - aveva l'ombelico.
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