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IRENE KOWALISKA UN RICORDO A CENTO ANNI DALLA NASCITA

14/06/2005- Positano. Cento anni fa nasceva Irene Kowaliska, pochi la ricordano a Positano, perché la sua figura è più nota per essere stata la creatrice di uno stile artistico per la ceramica vietrese, ma ha avuto una grande importanza anche per la Moda Positano, forse dandogli uno spirito artistico nuovo che si è innestato su una antica tradizione artigiana. La Kowaliska, e nessuno, salvo il figlio Misha Wegner, se ne è ricordato, nasceva cento anni fa, l’undici giugno 1905. Una donna che ha segnato la ceramica vietrese con la quale lo spirito arcadico della locale produzione trova una sua precisazione spaziale: compaiono figure e scene tratte dalla vita del posto.Sono figure di pescatori, di mamme coi loro bambini, segnate da una astrazione interiore che ne esalta il valore decorativo, sospeso in una fissità che travalica i bisogni contingenti dell'uomo, in un ideale ricerca del bello e del poetico anche nella semplice gestualità del quotidiano. Irene Kowaliska aveva continuato a vivere sulla costiera amalfitana: quando un bombardamento distrusse definitivamente nel 1943, la sua "fabbrichetta" a Cava dei Tirreni ella si era già trasferita da un anno a Positano dove soggiornò fino al 1956, producendo bozzetti per stoffe. Nulla più di un immagine di Ingrid Bergmann sulla copertina cinémonde del 1950 con un vestito di Irene esemplifica meglio la sua produzione. Donne affacciate a civettuole finestre o balconcini, rese in azzurro, spiccano su un fondo bianco mentre delineato in bianco su un fondo blu cupo è il tipico paesaggio positanese che ancora oggi appare sulle magliette con la scritta "Positano". Si affermava la Moda Positano. Ma diversi furono i campi in cui si applicò, dai tessuti stampati a mano, ai vetri, i ricami e le straordinarie carte da parato destinate ai mercati internazionali, in particolare tedeschi, dove la sintassi decorativa è fitta e i colori di fondo possono essere forti come il giallo oro, in contrasto con le superfici chiare dei sui vasi, dove la distribuzione dei soggetti era estremamente parca. C’è Positano ancora come sfondo delle sue figurine, con le case a cupola e le scalette che serpeggiano le une sulle altre, mentre uomini e donne svolgono lavori semplici e antichi. Positano è la parola che corre lateralmente, accanto al suo nome, lungo la linea punteggiata, che indica dove tagliare le strisce di una carta da parato degli anni Quaranta. La Kowaliska non può aver influenzato la tendenziale artisticità dei positanesi che hanno reso la Moda Positano, con le sue “pezze”, famosa nel mondo per i colori e la fantasia. “Mia madre amava molto questo posto e ha fatto tanto – racconta Misha Wegner -, ho ancora le sue stoffe, uniche ed inimitabili. Purtroppo nessuno ha raccolto la mia idea di farne una mostra sinora, ma vorrei che la si ricordasse.” A questo proposito noi vorremmo ricordare anche il suo compagno, Armin Wegner che innamorato di Irene Kowaliska, un amore tormentato visto che era sposato, nel 1936 si trasferisce in Italia, prima a Vietri, dove reincontra Irene Kowaliska, già conosciuta a Berlino, che diventerà sua moglie nel 1945 a Positano. Armin Theophil Wegner è nato in Germania, a Wuppertal (Westfalia) il 16 ottobre del 1886 ed è morto a Roma il 17 maggio del 1978.Scrittore, poeta, fotografo, colpito dalla tragedia del popolo armeno, di cui era stato testimone oculare in Mesopotamia, dedicò parte della sua esistenza alla battaglia per i diritti umani e il suo impegno letterario alla ricerca della verità su se stesso e sugli uomini. Il padre, Gustav Wegner, discendeva da una famiglia di tradizioni prussiane. La madre, Marie Witt, era impegnata nei movimenti pacifisti di fine secolo.Wegner è stato un grande uomo, ufficiale tedesco, forse uno dei pochi, denunciò la strage degli armeni in Turchia durante la prima guerra mondiale, i due paesi erano alleati, con le sue fotografie, ancora oggi un documento storico riconosciuto a livello mondiale, si attirò le ire del governo tedesco (vigeva la pena di morte per chi aiutava gli armeni). Con l’emanazione delle leggi razziali del 1938, il clima di tolleranza presente in Italia si deteriora. In occasione della visita di Hitler in Italia, come misura precauzionale per la sicurezza del Führer, Wegner è arrestato, assieme ad altri intellettuali rifugiati. Viene poi rilasciato quando termina la visita di Hitler All’indomani dell’entrata in guerra dell’Italia, Herbert Kappler ordina l’arresto di Wegner e il confino nel campo di Potenza. Wegner riesce a raggiungere Roma e, in quanto cittadino tedesco, ricorre direttamente all’ambasciata: l’ordine di arresto è cancellato. Nel 1941 nasce il figlio Mischa. Dal 1941 al 1943 ha un incarico di insegnamento di letteratura tedesca presso l’Accademia Germanica di Padova. La sua iscrizione nei registri della facoltà con il nome di Theo Wegner gli evita di essere identificato.Nel ‘43, con la liberazione, Wegner torna a Positano dove rimarrà fino al 1955, con soggiorni a Stromboli e a Roma. Per sopravvivere, vende parte dei suoi beni. Qui vive nella casa dei Setteventi venti e cosi veniva chiamato “Setteventi” alla Chiesa Nuova, poi si affitta una casetta a Capo d’acqua, un luogo incantato in mezzo al verde tenuto da una coppia che viveva semplicemente in montagna, Salvatore e Camilla Fusco, sorpresi di avere un tale signore che voleva affittare questa casetta dove si ritirava a scrivere per 500 lire all’anno. Una casetta che poi subafittò anche ad altri scrittori, fra cui un naturalista famoso che scrisse un libro su una lucertola particolare. Nonostante il suo spirito cosmopolita, talmente profonde sono le sue radici nella cultura tedesca, che non riuscirà mai ad adattarsi all’esilio e per lungo tempo sarà incapace di realizzare i suoi progetti letterari. Ritorna in Germania per la prima volta nel 1952, ma avverte una sorta di estraneità per la propria terra che gli rende impossibile un rientro definitivo. Nel 1956 si trasferisce a Roma. Wegner trascorre il resto della vita diviso tra l’impegno letterario e di testimonianza nelle varie sedi internazionali, dall’Europa agli Stati Uniti. Nel poema Der alte Mann, Il vecchio, scrive: «La mia coscienza mi chiama a essere testimone. Io sono la voce degli esiliati che grida nel deserto». Armin Wegner è morto a Roma, all’età di 92 anni, il 17 maggio 1978. A Stromboli, sul soffitto della sua stanza di lavoro sono incise queste parole: «Ci è stato affidato il compito di lavorare a un’opera, ma non ci è dato di completarla».

Michele Cinque

 

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