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DON RAFFAELE CI HA LASCIATI
DON RAFFAELE CI HA LASCIATI

23/08/2005 - Positano. Don Raffale Talamo, il parroco di Positano,non ce l'ha fatta. E cosi come ha condotto la parrocchia di Positano per quasi un cinquantennio se ne è andato in punta di piedi spirando nella mattinata di ieri all’ospedale di Sorrento dove era in coma da più di un mese.
Il Comune di Positano ha proclamato lutto cittadino per mercoledì 24 agosto, giorno del funerale. Sospesi spontaneamente tutti i festeggiamenti privati e la musica in discoteca per la veglia ed il funerale, la comunità parrocchiale è raccolta vicino al proprio parroco già da un mese, da quando il parroco è andato in coma, annullando tutte le festività religiose ed i tradizionali fuochi di ferragosto. Questa sera la veglia quando arriverà il corpo di don Raffaele Talamo dall’ospedale. Il funerale, invece, si terrà mercoledì mattina e verrà celebrato dal vescovo Ernesto Mandara, il primo vescovo, operante a Roma, che Positano abbia mai espresso nella sua storia e che proprio don Raffaele ha visto nascere e crescere.
Don Raffaele, 72 anni, prete per 49 anni e da un trentennio parroco di Positano, amato da tutti per la sua bonomia, aveva subito di recente un forte dolore per aver perduto la cara sorella Anna, che ha perso una settimana prima del suo malore, che viveva con lui e lo accudiva. John Jesusdan è il viceparroco indiano che lo sostituisce ed ha fissato la data per i funerali.
Don Raffaele ha seguito tutta la storia religiosa e civile di Positano, prima come viceparroco, poi come parroco, con lui si sono formati quasi una ventina fra preti e religiosi di Positano tanto da fare della perla della Costiera uno dei luoghi con la più alta percentuale di vocazioni.
Un uomo buono e dolce che aveva sempre un sorriso e un saluto per tutti e il paese lo immagina così, tutti, in questi decenni, hanno avuto da lui un sacramento o una messa, un momento da ricordare di chi ha visto trasformare Positano, nel bene o nel male, dal borgo semplice di pescatori e contadini ad un centro turistico e commerciale internazionale e lui che diceva, quasi scusandosi, le sue prediche, sperava sempre che il paese non perdesse mai la sua anima semplice, ma pura, legata alla terra e al mare come solo i veri contadini e pescatori sanno ancora. Lui sapeva che dalle nostre origini possiamo trovare la nostra vera essenza che ci permetterà di andare avanti.


Michele Cinque

 

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