GIORNALISTI TRUFFATI DA UN MASTER
GIORNALISTI TRUFFATI DA UN MASTER. UNA SENTENZA DEL TRIBUNALE ORA STABILISCE: “QUEL MASTER NON AVEVA I REQUISISTI PUBBLICIZZATI” .
Più di trenta giornalisti truffati, ingannati da un master che prometteva “un programma avanzato di alta formazione” per giornalisti che avrebbero voluto concorrere all’incarico di addetto stampa presso enti pubblici, in base alla legge 150/2000. Ma nulla dei requisiti sbandierati nelle brochure pubblicitarie (numero chiuso dei partecipanti, patrocinio della Federazione Nazionale della stampa e dell’Anci, così come della validità del titolo per poter concorrere ad uffici stampa) era davvero esistente. A stabilirlo è stata una sentenza del Tribunale di Napoli (II sezione civile, causa civile iscritta al n.17238) a cui si sono rivolti solo tre dei trenta e più giornalisti (professionisti e pubblicisti) della Campania e di altre regioni.
E così l’Accademia Italiana per le ricerche con sede in via Toledo a Napoli, organizzatrice del master - nel 2000, anno in cui il corso è stato avviato, il direttore era Giuseppe Fortunato, difensore civico della regione Campania, ex consigliere comunale di An, attuale componente del Garante per la privacy - si è vista costretta a restituire tutte le somme versate con gli interessi legali, a pagare le spese processuali e l’onorario dell’avvocato (Antonio Petrosino). Una lunga vicenda che già all’epoca fece scalpore per le accuse di alcuni partecipanti che avevano da subito rinunciato alla partecipazione del master, denunciando alla Procura, alla Regione e ai Ministeri del Lavoro e delle Finanze, il master che “millantava alti patrocini” rilevati inesistenti. Ma più che altro venne fuori il ruolo svolto da Giuseppe Fortunato, difensore civico della Regione Campania, che all’epoca era il direttore della Fondazione fondata da lui stesso nel 1996, e che anche grazie al suo compito istituzionale, molti giornalisti vi videro una sicurezza di correttezza, nonostante le perplessità di alcuni partecipanti.
D'altronde fu lo stesso Fortunato ad assicurare anche attraverso interviste rilasciate alla stampa, che il patrocinio inesistente delle Federazione Nazionale della Stampa era “un equivoco ma che non cambia in alcun modo la validità e l’autorevolezza del master”, così dichiarava il difensore civico, e annunciava querele a chi avrebbe infangato il suo buon nome e di quello dell’Accademia.
Il master ben pagato (oltre 2.500 euro a partecipante) si è rivelato invece non conforme alle “caratteristiche promesse e pubblicizzate” e che nemmeno il titolo rilasciato a fine corso è valido ma ha “ valore di mero attestato di partecipazione e non è titolo avente quel valore particolare previsto dalla legge richiamata nel Bando di concorso”, così come recita la stessa sentenza esecutiva emessa dal giudice Maria Sena. Rimane nei trenta giornalisti tutta l’amarezza di questa vicenda che sa tanto di beffa.
Michele cinque
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